Dall'Errore alla Crescita: lezioni di Marketing da due casi di 'Insuccesso'!
Nel mio percorso professionale, lungo oltre vent'anni, ho incontrato ostacoli e sfide che hanno modellato la mia visione e il mio approccio alla comunicazione e al marketing. Questa non è solo la storia di una serie di eventi, ma un viaggio di scoperta e apprendimento che continua ancora oggi.
In questo articolo, mi apro e condivido con voi alcune delle lezioni più significative apprese lungo il cammino, nella speranza che possano ispirare anche la vostra personale e professionale trasformazione.
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che è un pò diversa dall'articolo.
Oppure
Perché ho scelto di parlare degli insuccessi?
- Ho scelto di parlare dei miei insuccessi perché rifletto sempre molto su cosa non funziona nei progetti che seguo, e li ritengo una delle principali fonti di ricchezza. Inoltre, per mia propensione personale, guardo l'impresa nella sua interezza e non a compartimenti stagni, notando i riflessi delle attività che seguo in tutti i reparti dell'azienda. Conosco colleghi che eseguono analisi e operatività andando da un punto all'altro senza preoccuparsi minimamente di ciò che c'era alla base - molte volte team fatti di persone - e oltre la soglia - molte volte mercati e territori non pronti a ricevere ciò che il marketing digitale moderno offre. Se pensiamo ad esempio alla Liguria, in certe zone è necessario ancora oggi confrontarsi con strumenti di comunicazione analogici perché la rete non ha una copertura capillare.
Qual è la mia personale definizione di insuccesso nel contesto del marketing e della comunicazione
La mia personale definizione di insuccesso nel contesto del marketing e della comunicazione si verifica quando non si riesce ad instaurare un vero rapporto di fiducia tra me e il cliente. A volte avviene purtroppo, e mi rendo conto guardandomi indietro che questi insuccessi hanno caratteristiche comuni, e la loro origine non la si può scaricare totalmente sulle spalle del cliente, ma anche sulle mie. Come in ogni rapporto umano la verità sta al centro.
La fiducia è il punto di partenza di successi e insuccessi: si verifica nel concreto quando al consulente - in questo caso io - non viene data carta bianca nello sviluppo delle attività. La totale fiducia è determinante perché permette di sfruttare appieno tutte le potenzialità della persona che lavora per noi, oltre che responsabilizzarla.
Ovviamente questa fiducia va conquistata, non la si può richiedere senza dimostrare che viene riposta in un luogo dove si avrà cura di lei. La fiducia la immagino come una donna tanto forte quanto delicata.
Come ho affrontato gli insuccessi nel mio percorso professionale
In questi oltre vent'anni di lavoro gli insuccessi li ho affrontati sempre con grande attenzione, cercando di capirli a fondo e di fare del mio meglio per renderli meno dolorosi. Quando parlo di dolore mi riferisco alla gestione di un insuccesso: la gestione deriva da come si reagisce. Ritengo che sia molto importante, di fronte ad un problema, cercare prima la soluzione - anche se a volte non era negli accordi: prima si sistema, poi se ne parla. Io la vedo così.
Questa filosofia a volte mi ha messa in difficoltà perché alcuni se ne sono approfittati, ma come si suol dire "errare è umano, perseverare è diabolico" per cui faccio sempre molto tesoro di tutto ciò che succede per far sì che non riaccada.
Allo stesso tempo questa filosofia è quella che mi ha permesso di lavorare con alcuni clienti da oltre 10 anni in cui il mio mondo ha vissuto cambiamenti giganti.
Quali lezioni ho imparato dagli insuccessi che incontrati
Ogni insuccesso come dicevo all'inizio mi ha dato l'opportunità di imparare tantissimo. Alcune delle lezioni principali sono:
- l'importanza del tenersi in contatto e aggiornamento costante tra consulente e cliente;
- l'importanza di creare collegamenti umani, oltre che operativi, con tutto il team dell'azienda;
- l'importanza di far rispettare le 'regole d'uso' di un progetto (strumenti, tempi, flussi, etc);
- l'importanza di divertirsi mentre si lavora assieme;
- l'importanza di ammettere i propri errori senza timore.
Come gli insuccessi hanno modellato o cambiato il mio approccio alla comunicazione e al marketing
Tutti gli insuccessi vissuti hanno scrostato la superficie del mio approccio alla comunicazione e al marketing d'impresa, dimostrando ciò che c'era sotto. Da ragazza ero la classica "brava a disegnare" all'apparenza. Dico apparenza a ragion veduta perché negli anni del liceo, quando giravo i negozi del quartiere per decorare le loro vetrine, il mio obiettivo era di migliorarne l'aspetto generale per i clienti, non quello di fare un bel disegno. Per cui la mia genesi ha radici artistico-creative, amo l'arte la pittura, ma la mia mente è votata alla strategia e all'ottimizzazione.
Se dovessi pensare ad un'immagine della mia visione professionale è quella del blend oleario: in cui mischi due elementi per crearne uno nuovo dal sapore e colore diverso da tutto il resto. C'è grande analogia con la tecnica pittorica in cui mi cimento a livello di passione personale, quella delle velature, ma c'è grande analogia anche con la parola che ho creato rendendola un marchio registrato: COMMARKETING®, disciplina che fonde la comunicazione e il marketing per renderle una cosa sola e accessibile alle PMI italiane.
Perché credo che sia importante discutere e riflettere sugli insuccessi, specialmente nel campo del marketing e della comunicazione?
Parlare dei propri insuccessi può sembrare contro intuitivo in un blog personale lo so, ma so anche quanto a volte riconoscersi negli errori altrui possa far capire che non siamo sbagliati a prescindere e come possiamo migliorarci. Nell'ambito del marketing e della comunicazione, siccome lavoro con imprenditori i cui team sono composti da 2-15 soggetti, questa condivisione ha impatti enormi sia sull'operatività che sulla parte più emozionale delle persone.
L'impatto principale degli insuccessi vissuti è stata la perdita di energie su attività inutili.
Due Casi di 'Insuccesso' - condividerò in questo articolo due casi con discrezione e senza fare nomi: il primo è "L'imprenditore tuttofare", il secondo è "L'imprenditore accentratore". L'uso del maschile è del tutto casuale.
Caso 1 "L'imprenditore tuttofare"
Negli anni mi sono specializzata in imprese con addetti, dove c'è un imprenditore con o senza soci e un numero variabile di addetti interni (da 2 a 15). Per raggiungere queste dimensioni tendenzialmente le aziende ci mettono anni, e in questo caso si trattava del percorso di una vita intera.
- Nel corso del tempo, l'imprenditore ha affrontato alti e bassi e ha dovuto svolgere diverse mansioni al di fuori del suo lavoro principale, che era molto distante dal mondo della comunicazione. Nonostante sia riuscito a farlo egregiamente per tutta la vita, quando le sfide della comunicazione moderna hanno richiesto competenze più approfondite, ha capito che doveva rivolgersi a esperti. Il primo problema è stato la confusione, ancora presente oggi, sulla produzione di un sito, considerato un oggetto tecnico anziché strategico. Inoltre, l'uso dei social media era interpretato come strumenti fai-da-te anziché come piattaforme altamente personalizzabili. L'imprenditore credeva di avere competenze strategiche in questi ambiti, ma in realtà operava solo su territori conosciuti, come l'organizzazione dello showroom o la scelta del brand da mettere in vetrina. Personalmente, ho accettato queste limitazioni e deviazioni nel mio processo lavorativo, focalizzandomi sugli aspetti richiesti anziché su quelli corretti. Questa perdita di energie su attività inutili ha portato a risultati insoddisfacenti e alla chiusura del nostro rapporto lavorativo in soli 16 mesi.
Caso 2 "L'imprenditore accentratore"
In questo caso mi sono trovata di fronte a un imprenditore che non si occupava di attività operative, ma che voleva avere l'ultima parola su tutto. Ogni scelta visiva e strategica doveva essere approvata nei momenti giusti, quando aveva il tempo e la tranquillità per prendere decisioni.
Purtroppo, mancava fiducia nel suo team e anche in me. Questa mancanza di fiducia ha abbassato il morale, che non poteva essere sollevato né da elenchi di obiettivi, né da email minatorie in caso di ritardi nella consegna dei materiali da produrre. La cooperazione tra il consulente, l'imprenditore e il team interno ed esterno è cruciale in un progetto di comunicazione aziendale e richiede un certo tipo di cura. Purtroppo, questo stato d'animo negativo ha generato errori ricorrenti dovuti alla concentrazione su dettagli insignificanti. Invece di focalizzarsi sull'essenziale, si passava giorni a discutere della posizione delle virgole, senza considerare che non stavamo scrivendo la Divina Commedia.
A un certo punto, ho posto un limite chiedendo che ci fosse data la possibilità di agire, io e il team coinvolto, assumendoci la responsabilità del prodotto finito.
Questo cambiamento di approccio ha permesso di invertire la rotta e oggi il progetto sta ottenendo i risultati di posizionamento e ROI attesi.
Risorse utili
Se tu che stai leggendo ti ritrovi in uno di questi due casi, vorrei condividere con te due articoli che potrebbero aiutarti:
- Il primo si intitola "La felicità come motore del business", in cui esploro come la felicità possa agire come un motore per il successo nel mondo degli affari. Ho discusso l'importanza di coltivare la felicità internamente, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulla comunicazione esterna. Citando un'analisi del MIT, evidenzio come un impegno corretto verso la coltivazione della felicità possa portare a una maggiore produttività e a relazioni più solide. Questo è particolarmente rilevante in un ambiente aziendale, dove la cultura della felicità può avere un impatto significativo sulla produttività individuale. L'analisi ha rivelato che fino al 40% della felicità è determinato dalle attività e dalle pratiche individuali, e questa felicità ha chiare ripercussioni commerciali.
- Il secondo articolo si intitola "Guida Concreta 👉 Trasforma i collaboratori in fan della tua azienda". Qui ho affrontato un tema di grande rilevanza, ovvero come trasformare i collaboratori in veri sostenitori della tua azienda. Partendo da una riflessione sulle recenti tendenze del mercato del lavoro in Italia, ho voluto indirizzare l'attenzione verso l'importanza di una comunicazione efficace sia interna che esterna. Ho esplorato un approccio in tre fasi per convertire i collaboratori in alleati fedeli e sostenitori entusiasti della tua impresa:
- attrarre nuovi collaboratori;
- renderli tuoi alleati;
- trasformarli in sostenitori.
- Il mio intento è fornire strategie concrete per migliorare la ritenzione dei talenti e creare una comunità di sostenitori che contribuiscano attivamente al successo dell'azienda. Questo percorso richiede un impegno costante e una comunicazione efficace, ma i benefici in termini di cultura aziendale e successo a lungo termine sono immensi.
Perché ho deciso di condividere apertamente questi insuccessi con te?
Arrivata alla conclusione, voglio ripercorrere le motivazioni che oggi mi hanno spinta a scrivere questo articolo: comunicare serve ad attirare chi ti somiglia perché ciò che scriverai o dirai gli risuonerà dentro e creerà un legame nonostante il mezzo digitale che ci separa. È successo che tu abbia sentito di aver vissuto o di stare vivendo momenti simili? Come li stai risolvendo o li hai superati?
Oltre a sperare che questo breve racconto di vita ed esperienza possa fornirti degli spunti, volevo anche invitarti alla costruzione di piccoli eventi privati che sto organizzando tra imprenditori: saranno momenti in cui ci diremo in faccia quali sono le nostre frustrazioni nello sviluppo del marketing e della comunicazione d'impresa, o magari di quali sono i nostri successi per poter fornire spunti positivi al resto del gruppo.
Se l'idea ti interessa e sei ligure, scrivimi e cercherò di organizzare un evento vicino al tuo territorio; adoro e vivo in Liguria ma so quanto la sua conformazione non agevoli i trasporti. Se sei di fuori, useremo il buon vecchio Zoom oppure ci vediamo nel metaverso!?? Per ora scusa, ma anche no ;-).
Allo stesso tempo, è bene ricordare che comunicare allontana chi non la vede come noi, tipicamente i clienti che non vorremmo, quelli che demoralizzeranno il valore del nostro prodotto, che non riusciranno ad andare oltre al prezzo. Quel tipo di cliente non è per tutti, per alcuni sì, di sicuro non per me.
Ma ciò che produce i danni peggiori è il "non comunicare", che ci farà perdere visibilità, posizionamento, occasioni. Darà spazio ai competitor, e non ci permetterà di guardare al futuro che sta arrivando con speranza e ottimismo!
A presto 💛 Stefania